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E’ ormai risaputo che le esperienze traumatiche espongono gli individui ad un più alto rischio di malattia.
Nel corso degli anni diversi studi hanno evidenziato come la tendenza a
non parlare delle proprie esperienze di vita più sconvolgenti possa
portare ad una forma di inibizione comportamentale. Tale inibizione, oltre ad un marcato disagio psicologico, comporta numerosi cambiamenti accertabili dei sistemi vegetativo, ormonale e immunitario, legati ad una maggiore incidenza di malattia.
La Teoria psicologica alla base di tali studi sostiene che tradurre in
parole le esperienze da cui si è rimasti sconvolti abbia un impatto
positivo sullo stato di salute. L’atto di costruire storie è un
naturale processo umano grazie al quale gli individui arrivano a
comprendere le proprie esperienze e sé stessi. Questo processo consente
di organizzare e ricordare gli eventi in modo coerente e, nello stesso
tempo, di integrare pensieri e sentimenti, conferendo agli individui la
sensazione di poter prevedere e controllare la propria vita.
L’attribuzione di senso agli eventi di vita e l’integrazione tra le
esperienze vissute e la percezione di sé sono infatti dei processi
indispensabili ai fini del mantenimento (e del recupero) dell’equilibrio
psichico. Un’ampia serie di ricerche ha mostrato che, quando
le persone riescono a tradurre in parole il proprio sconvolgimento
emotivo, la salute fisica e mentale migliora nettamente. Nello
specifico, nei soggetti a cui veniva chiesto di raccontare ad uno
psicologo un’esperienza traumatica vissuta, si riscontravano degli
abbassamenti significativi dei punteggi di ansia e depressione e un
incremento delle difese immunitarie. La maggior parte delle persone tende a fuggire o a restare intrappolata rispetto ai ricordi delle esperienze dolorose.
Nel caso della fuga, si parla di modalità evitante, come uno sforzo
teso a pensare, ricordare il meno possibile l’evento, ad escludere dal
campo percettivo qualunque cosa possa ricordarlo (luoghi, persone,
oggetti, odori, film, brani musicali, ecc). Può comportare: inibizione
ideativa ed emotiva, negazione del significato e delle conseguenze
dell’evento, sensibilità ridotta, inibizione comportamentale.
Nel secondo caso, si parla di modalità intrusiva, consistente
nell’incapacità ad escludere dalla coscienza il ricordo dell’evento
spiacevole. Può comportare: comparsa di pensieri ed immagini spontanee e
incontrollabili riguardanti l’evento, incubi, forti ondate di emozioni
dolorose, comportamenti ripetitivi. Le persone possono
oscillare da una posizione all’altra, ma si tratta di due modalità di
reazione entrambe disadattive ed entrambe alternative alla modalità di
reazione più sana: l’elaborazione Per questi motivi, la
facilitazione al confronto con l’esperienza traumatica e la sua
elaborazione, costituiscono il fondamento di ogni intervento psicologico
clinico efficace.
Dottor Riccardo Cicchetti
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