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- Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento dell’utilizzo dei social network su scala mondiale, soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone, che consentono di essere sempre connessi, ovunque ci si trovi.
Trascorrere gran parte del tempo sui social è ormai una prassi consolidata per la maggior parte delle persone.
Tali strumenti di comunicazione permettono di arricchire il testo con delle immagini, che spesso diventano il messaggio stesso. Le foto che maggiormente canalizzano l’attenzione degli utenti sono i cosiddetti “selfie”
Cos’è un selfie?
Per i pochi che ancora non lo sapessero, con il termine “selfie” si intende una foto amatoriale realizzata da sé, generalmente eseguita con uno smartphone e caricata su un sito di social media. Le immagini sono scattate sia con la fotocamera tenuta a braccio teso o attraverso uno specchio.
A lanciare la moda sono state le star dello spettacolo, subito seguite dalla “gente comune”. Migliaia di teenagers hanno inondato il web di foto scattate anche nelle stanze più insolite, intente ad eseguire una “Duck Face”: la smorfia con le labbra a “becco d’anarta”, resa celebre da personaggi come Paris Hilton, Kim Kardashian e Miley Cyrus.
Cosa si nasconde oggi dietro al selfie?
La dilagante mania di riempire i social con le proprie immagini, ha ispirato decine di studi scientifici. Ci si è chiesti cosa spinga realmente una persona a scattarsi una foto e ad “offrirla” al pubblico. A quale scopo? Con quali aspettative?
Recentemente un gruppo di psicologi Statunitensi ha condotto una ricerca volta ad analizzare la relazione tra il tempo trascorso su Facebook e l’immagine che le ragazze hanno di sé. Sono state coinvolte circa 900 studentesse di college americani ed i risultati sono stati sorprendenti.
- La risposta
Un primo dato significativo consiste nella chiara relazione emersa tra il tempo che le ragazze spendevano sul social network e la percezione negativa del proprio aspetto fisico.
Altro aspetto importante è quello legato alle foto: il fattore che maggiormente coinvolgeva i soggetti nell’utilizzo dei social era rappresentato dalle foto dei propri amici e conoscenti. Le ragazze subivano negativamente il confronto con le foto delle coetanee ed erano spinte da un lato a trascorrere molto tempo a guardarle, dall’altro a scattare e pubblicare proprie foto, esponendosi alla mania dei “selfie”.
Aspetti Psicologici
Alla luce di questo ed altri studi, è possibile affermare che le immagini degli amici esercitano una maggiore influenza rispetto a quelle di personaggi famosi, perché il confronto è più realistico. L'attenzione alle caratteristiche fisiche può essere ancora più pericolosa sui social media che sui media tradizionali perché i partecipanti nei social media sono persone che conosciamo.
Contrariamente a quanto si pensa, le persone dedite al selfie non sono affatto sicure si sé. La ricerca assidua di commenti positivi alla propria immagine rappresenta il disperato bisogno di accettazione da parte di chi è insoddisfatto e necessita rassicurazioni sul proprio aspetto e, più in generale, sulla qualità della propria vita.
Scattarsi una foto da soli e postarla su Facebook non è sempre un’azione serena di cui si condivide la gioia, ma può essere un gesto dettato dall’ansia di ricevere un riscontro positivo.
E’ bene chiarire tuttavia che nessuno è totalmente immune da tale fenomeno e che lo stesso può assumere forme e livelli di gravità differenti.
Ognuno di noi subisce infatti l’effetto di stereotipi e modelli culturali proposti dai mass media, che, per certi versi, svolgono una sana funzione sociale nell’ambito di una comunità, rafforzando il senso di appartenenza.
Il problema nasce quando, senza rendersene conto, si finisce con l’emulare professionisti del settore (che della propria immagine hanno fatto un lavoro e una fonte di reddito), spinti dalla falsa convinzione che una bella foto farà avere maggiore successo tra le persone che si conoscono. Tale dinamica, al contrario, conduce a perdere il contatto con la realtà della propria dimensione e ad aumentare le difficoltà relazionali. Dispercezioni corporee, dismorfofobia e disturbi alimentari sono solo alcuni dei fattori di rischio a cui si va incontro.
Quali soluzioni?
Sebbene non ci sia niente di male nell’utilizzo dei social (in molti casi rappresentano un ottimo strumento per vincere la timidezza o semplicemente favorire la conoscenza di persone nuove), è opportuno ricordare che essi non rappresentano l’unico mezzo di socializzazione.
Sarebbe pertanto auspicabile non perdere il contatto con forme di relazioni più fisiche e dirette, e con il senso delle esperienze condivise insieme. Esse rappresentano un valido ancoraggio alla realtà e aumentano la consapevolezza dell’identità personale.
Dunque, la prossima volta che avete un dubbio esistenziale o vi sentite semplicemente un po’ frustrati, ricordate che una passeggiata con una persona cara può dare molte più risposte di un “mi piace” a un vostro selfie!
Dottor Riccardo Cicchetti
Articolo pubblicato su L'AquilaOggi.
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