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"Qualcuno vuole farmi del male!" - La storia di Andrea


 

Andrea è un giovane studente universitario di poco più di vent’anni, che mi contatta a causa di una sopraggiunta totale inibizione nello studio, accompagnata da intense angosce persecutorie. Teme di poter subire aggressioni violente: verbali e non verbali.

Studente fuorisede, condivide l’appartamento con altri ragazzi. Soprattutto quando si ritrova solo in casa, teme che qualcuno possa entrare dalle finestre o dalla porta per aggredirlo.
A volte questo pensiero diventa talmente persecutorio che lo costringe a chiudersi in camera, rannicchiato sul letto con la coperta fin sopra la testa.

Fin dai primi incontri, appare molto critico e in aspro conflitto con sé stesso e con gli altri.
Che si tratti della famiglia, degli amici o dell’università, non riesce ad uscire da un assetto polemico.
In particolare non riesce a tollerare tutto ciò che gli sembra contrastare il suo processo di libera crescita e di maturazione individuale.

Allo stesso tempo riconosce di avere egli stesso un atteggiamento passivo di base nei confronti del mondo.
Teme che questa passività possa caratterizzare il resto della sua vita e la imputa ai genitori, colpevoli, a suo dire, di averlo “tenuto per troppo tempo sotto una campana di vetro” e di averlo “trattato come un bambino”.

Nel corso degli incontri successivi, perdurano a lungo le recriminazioni che lo oppongono alla realtà esterna, finché Andrea si lascia sfuggire un lapsus, invano corretto precipitosamente:

E così mi opprime la fatica di dover crescere. No! Di crescere”.

Lapsus che segnala inequivocabilmente quanto per lui la crescita sia non soltanto oggetto di desiderio, ma anche un penoso dovere.

Il conflitto con la realtà sociale, che viene consapevolmente esperito da Andrea, cela, quindi, un conflitto interiore, più segreto, che si gioca tra due desideri della stessa persona, entrambi vitali, ma fra loro incompatibili: l’emanciparsi definitivamente dalle prime figure di riferimento affettivo ed il protrarre il più a lungo possibile la dipendenza infantile nei loro confronti.

Ecco allora che il sintomo principale per cui il ragazzo mi aveva contattato (paura di restare a casa da solo e di essere aggredito) assume il suo vero significato, ossia un tentativo inconscio di rimanere attaccato a quelle figure genitoriali di cui Andrea ha ancora bisogno, con relative difficoltà a gestirne la dipendenza affettiva.
I sintomi secondari (aggressività, ostilità, atteggiamento ipercritico nei confronti di sé e gli altri) sono invece spiegati dalla spinta al processo di autorealizzazione, tipica di quella fascia di età, che nel giovane ha però incontrato una battuta di arresto.

Proseguendo il lavoro con Andrea sono state individuate le cause che hanno procurato tale blocco emotivo e, sciogliendo un nodo alla volta, è stato condotto un lavoro che ha permesso la risoluzione dei conflitti con sé stesso e con la realtà circostante.