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Vi è mai capitato di uscire con qualcuno, a cena
o per un aperitivo, e di essere costretti ad un imbarazzante silenzio mentre
questi è impegnato ad armeggiare col suo smartphone?
Da uno studio condotto in Gran Bretagna è emerso che oltre la metà
degli utenti di telefonia mobile tende a manifestare stati d’ansia quando è
impossibilitato ad utilizzare il proprio cellulare.
Composto dal prefisso abbreviato “no-mobile” e dal suffisso “fobia”,
il temine “Nomofobia” si riferisce alla paura di rimanere fuori dalla
connessione di reti mobili.
SINTOMI
Parliamo di Nomofobia quando una persona prova una paura
sproporzionata di rimanere fuori dalla rete, al punto da sperimentare
effetti fisici collaterali simili ad un attacco di panico: mancanza di respiro,
vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico e
nausea.
Nel tentativo di contenere l’ansia, i nomofobici, mettono in atto una
serie di comportamenti volti ad ottenere controllo e rassicurazione,
quali: tenere il telefono sempre acceso, mantenere il credito sempre attivo e
assicurarsi che la batteria sia sempre carica.
Una condotta strettamente correlata alla nomofobia consiste nella costante
ricerca di gratificazioni derivanti dal ricevere notifiche, messaggi e
“like”.
Tale comportamento può assumere la forma di una vera e propria dipendenza,
con l’aggravante che – mentre un tossicodipendente può sapere e decidere con
esattezza quando la gratificazione derivante dall’uso di una sostanza arriverà
– il nomofobico non può prevedere quando riceverà nuovi segnali dalla rete,
pertanto è “costretto” a controllare di continuo il suo dispositivo,
fino a diventarne schiavo.
CAUSE
Secondo diversi studi, la maggior parte dei cellulare-dipendenti sarebbero
giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali,
che compenserebbero il proprio senso di solitudine restando costantemente
connessi con gli altri attraverso i dispositivi mobili e le loro applicazioni.
La continua ricerca di aggiornamenti di stato su Facebook, il controllo
ossessivo di WhatsApp, email e altre applicazioni rappresenterebbero un vano
tentativo di fuga dai problemi personali.
Le notifiche diventano una sorta di droga per allentare la tensione delle
preoccupazioni della vita reale.
E’ opportuno chiarire che non tutti i nomofobici sono caratterizzati
da difficoltà relazionali pregresse.
Molti di loro lo sono diventati pur avendo precedentemente una vita sociale
appagante.
Questo dato dovrebbe far riflettere su quanto possa essere facile e pericoloso
per chiunque cadere nel vortice della dipendenza.
CONSEGUENZE
Che si tratti di fuggire dai problemi personali o di cadere vittime del
fascino della rete, un uso improprio dei dispositivi mobili, quale principale
mezzo di socializzazione, produce una compromissione della vita sociale
reale.
In altri termini, più si è connessi, più si è isolati.
Nei casi più gravi, la dipendenza da cellulare può portare a una notevole instabilità
emotiva, tratti di personalità ossessivo-compulsivi, sbalzi
di umore e depressione.
COSA FARE
La dipendenza da connessione è un disturbo da non sottovalutare e, nei casi
più gravi, sarebbe opportuno ricorrere all’aiuto di uno specialista.
Se si riscontrano i sintomi sopra descritti, se si è costantemente
preoccupati di perdere lo smartphone, se si è mai sperimentato un malessere
fisico in seguito alla perdita di connessione e se l’uso di cellulari o tablet
interferisce significativamente con le normali attività lavorative, familiari,
di studio o di svago, allora sarebbe il caso di rivolgersi ad uno
psicologo con specifiche competenze.
COME SCOPRIRE SE SI E’ NOMOFOBICI
Al di là dei sintomi, esiste un test infallibile, che potete fare da soli,
per scoprire se avete già sviluppato una dipendenza: provate a
trascorrere almeno 48 ore senza connettervi.
Durante il test potrete usare la posta elettronica esclusivamente per
lavoro, ed il telefono cellulare solo per le chiamate, avendo la premura di
spegnerlo durante la notte.
Al termine dell’esperimento avrete la vostra risposta.
Ricordate che, in caso “baraste”, mentireste solo a voi stessi. Senza
contare che negazioni, bugie e manipolazioni della realtà, sono condotte
tipiche di chi ha problemi di dipendenza.
Il primo passo per risolvere un problema è ammettere di averne uno.
Dottor Riccardo Cicchetti
Articolo pubblicato su L'AquilaOggi.
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