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"Qualcuno vuole farmi del male!" - La storia di Andrea


 

Andrea è un giovane studente universitario di poco più di vent’anni, che mi contatta a causa di una sopraggiunta totale inibizione nello studio, accompagnata da intense angosce persecutorie. Teme di poter subire aggressioni violente: verbali e non verbali.

Studente fuorisede, condivide l’appartamento con altri ragazzi. Soprattutto quando si ritrova solo in casa, teme che qualcuno possa entrare dalle finestre o dalla porta per aggredirlo.
A volte questo pensiero diventa talmente persecutorio che lo costringe a chiudersi in camera, rannicchiato sul letto con la coperta fin sopra la testa.

Mi sono bloccata con gli esami! La prego, mi aiuti!




E’ questo il testo riportato nel modulo di contatto del mio sito web con cui L mi chiede un appuntamento presso lo studio di psicologia ad Avezzano.

L è una ragazza estremamente avvenente e dall’aspetto curato in ogni minimo dettaglio.
All’inizio del colloquio assume una postura fiera e sprezzante, di chi ostenta sicurezza e vuole dimostrare che non ha nulla da temere. Tuttavia l’aspetto appare rigido e innaturale

C'è sempre un'emozione alla base di un comportamento. La storia di P. e C.





P e C, due coniugi non più giovanissimi, hanno un figlio, V, di tre anni, nato dopo sei di matrimonio.
Al momento in cui sono entrati nel mio studio è trascorso all’incirca un mese dal giorno in cui C, sconvolta, ha denunciato P per maltrattamenti nei confronti del figlio, a motivo dei quali il Giudice Minorile ha stabilito il momentaneo allontanamento del padre da casa.
Il clima del primo incontro è di grande tensione

L'amore che trascende i bisogni. La storia di K e B





“Buonasera, signor K. Nella sua email richiedeva una consulenza di coppia, come mai è venuto da solo?” domando al signor K.

Lui allarga le braccia sconsolato e in cerca di conforto risponde sospirando:
“Eh… che vuole che le dica, B è fatta così. Arriva sempre tardi agli appuntamenti e non si può fare affidamento su di lei”

“Non siete partiti da casa insieme?”

Condannata per sempre. Il caso di M.





M. è una ragazza di 18 anni. Mi contatta perché ogni sera si ritrova seduta sul letto a piangere, con la sensazione di non riuscire a respirare e con fitte intercostali, accompagnate da un forte vissuto di inadeguatezza, veicolato da pensieri intrusivi del tipo: “Sono malata mentalmente”; “Non sarò mai normale”; “Non avrò mai una vita felice”; “Sono condannata per sempre ad avere una testa che non funziona”.
Inoltre sostiene di avere dei gravi problemi di coppia

E' troppo giovane!




“Dottore, se avessi saputo che era così giovane, non sarei nemmeno venuta!” esordisce la signora all’ingresso del mio studio.

Eppure mi aveva contattato tramite il mio sito web, dove ci sono tutte le informazioni sulla mia persona con tanto di foto e curriculum vitae. Per non parlare del fatto che, per fissare l’appuntamento, ci eravamo sentiti per telefono.

Rispondo con una battuta e la faccio accomodare. Ma la musica non cambia: continua la sua campagna denigratoria nei miei confronti facendomi domande sulla mia preparazione e il mio lavoro e ridendo in faccia ad ogni mio tentativo di risposta.
Le faccio notare che non ci troviamo in un contesto giudicante e che lo scopo dell’incontro è quello di esplorare i motivi che l’hanno spinta a venire da me.
“Io non ho nessun problema, non sono mica matta, che crede! Sono venuta solo per curiosità, anche se dubito che lei possa aiutarmi… Quanto può saperne un ragazzo come lei dei veri problemi della vita?”
“Allora potrebbe provare a parlarmene per vedere insieme cosa riusciamo a fare” le propongo.
Ma lei continua a dire di non avere problemi , aggiungendo che forse non era stata una buona idea quella di venire da me.

Non voglio confermare questa sua rappresentazione, ma non intendo nemmeno continuare un braccio di ferro per un’ora; tanto più ho la sensazione che si possa alzare dalla sedia da un momento all’altro per raggiungere l’uscita.

Così decido di sfruttare l’unico spiraglio di confronto concessomi e, seppur consapevole degli scarsi elementi a supporto della mia ipotesi, le porgo una domanda diretta:
“Ha mai subito violenza da parte di qualcuno?”
La signora cambia di colpo espressione. Resta in silenzio fissandomi con lo sguardo incredulo. Poi inizia a piangere e non si ferma più.

La sua storia era caratterizzata da episodi violenti familiari agiti da figure maschili e da un matrimonio, ancora in corso, connotato da costanti umiliazioni subite da parte del marito, anche in presenza di figli, parenti e amici.
Nell’attaccare costantemente la mia figura, giudicandola “troppo giovane” e “non adatta”, la donna non faceva altro che comunicarmi indirettamente il suo disagio. Attraverso tale modalità relazionale veniva messo in atto il tentativo di svincolarsi dal ruolo di “incapace”, a cui era stata relegata con forza negli anni, proiettandolo su di me.

La non collusione con questa fantasia relazionale prevalente e l’offerta di uno spazio di ascolto e di confronto non giudicante, hanno permesso l’avvio di un processo condiviso di riconoscimento e superamento della dinamica di potere, che investiva le relazioni con le persone più significative del passato e del presente.

Il conseguente e crescente ampliamento di orizzonti, ha permesso l’individuazione e la sperimentazione di nuovi schemi relazionali a partire dalla riformulazione dei copioni familiari.

Col passare del tempo la donna ha scoperto risorse che non credeva nemmeno di avere, perché troppo a lungo inibite e atrofizzate entro schemi rigidi e giudicanti, che stroncavano sul nascere ogni tentativo di espressione di sé.

Non è importante in questa sede elencare le ricadute operative che i progressi ottenuti hanno avuto sulla qualità della sua vita. Basterà sottolineare l’importanza del recupero di una delle funzioni più importanti per l’essere umano: la possibilità di scegliere.

Così come è opportuno considerare che anche la più provocatoria delle richieste può veicolare una domanda di aiuto, che tuttavia non è sempre facile riconoscere ed accettare consapevolmente.

Dottor Riccardo Cicchetti