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Come aumentare la tua resilienza




Quando si verifica un terremoto, ci sono persone che restano pietrificate dalla paura, incapaci di muoversi e di realizzare cosa stia accadendo, mentre altre si attivano per mettersi in salvo e organizzare i primi soccorsi.

Immaginiamo di perdere il lavoro, subire un lutto, dover fronteggiare una malattia o un incidente grave. La maggior parte delle persone ha bisogno di tempo per metabolizzare questi eventi e, generalmente, senza l’aiuto di un professionista, non sempre riesce a ritrovare il proprio equilibrio psicologico. Altre persone, invece, mostrano una capacità apparentemente innata di adattarsi bene a tali situazioni.

Qual è il loro segreto?

Usalo o lo perderai!




Tempo fa, un gruppo di psicologi italiani realizzò un esperimento con dei bambini a pochi giorni dalla nascita.
A intervalli regolari di tempo, un adulto si poneva di fronte al bambino ed eseguiva determinate espressioni facciali, muovendo occhi e bocca, ed emettendo dei vocalizzi.

Il risultato fu sorprendente: i bambini sottoposti agli stimoli audiovisivi presentavano nel tempo livelli di intelligenza superiori alla media.

Fino a qualche decennio fa si credeva che ogni individuo nascesse con un numero determinato di neuroni, destinato a diminuire in modo irreversibile lungo il naturale processo di crescita e invecchiamento.

Oggi sappiamo che adeguati stimoli ambientali non solo favoriscono lo sviluppo delle abilità cognitive nella fase di crescita ma ne contrastano il decadimento nella fase di invecchiamento.

Ti fai molti selfie? La verità è che non ti piaci abbastanza!



 
 Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole incremento dell’utilizzo dei social network su scala mondiale, soprattutto grazie alla diffusione degli smartphone, che consentono di essere sempre connessi, ovunque ci si trovi.
Trascorrere gran parte del tempo sui social è ormai una prassi consolidata per la maggior parte delle persone.

Tali strumenti di comunicazione permettono di arricchire il testo con delle immagini, che spesso diventano il messaggio stesso.
Le foto che maggiormente canalizzano l’attenzione degli utenti sono i cosiddetti “selfie”

Raccontarsi fa bene alla salute





E’ ormai risaputo che le esperienze traumatiche espongono gli individui ad un più alto rischio di malattia.

Nel corso degli anni diversi studi hanno evidenziato come la tendenza a non parlare delle proprie esperienze di vita più sconvolgenti possa portare ad una forma di inibizione comportamentale.

Mi sono bloccata con gli esami! La prego, mi aiuti!




E’ questo il testo riportato nel modulo di contatto del mio sito web con cui L mi chiede un appuntamento presso lo studio di psicologia ad Avezzano.

L è una ragazza estremamente avvenente e dall’aspetto curato in ogni minimo dettaglio.
All’inizio del colloquio assume una postura fiera e sprezzante, di chi ostenta sicurezza e vuole dimostrare che non ha nulla da temere. Tuttavia l’aspetto appare rigido e innaturale

C'è sempre un'emozione alla base di un comportamento. La storia di P. e C.





P e C, due coniugi non più giovanissimi, hanno un figlio, V, di tre anni, nato dopo sei di matrimonio.
Al momento in cui sono entrati nel mio studio è trascorso all’incirca un mese dal giorno in cui C, sconvolta, ha denunciato P per maltrattamenti nei confronti del figlio, a motivo dei quali il Giudice Minorile ha stabilito il momentaneo allontanamento del padre da casa.
Il clima del primo incontro è di grande tensione

Sulla violenza nella coppia




Nel corso di conferenze, seminari, incontri a tema e colloqui in studio, le osservazioni più comuni che mi vengono mosse, quando affronto il tema della violenza nella coppia (meglio nota come “violenza domestica”) vertono principalmente su un unico aspetto:
“Perché la donna non si ribella?”
“Perché accetta tutto questo passivamente?”
“Perché non lo lascia?”
“Perché non si difende?”

E' troppo giovane!




“Dottore, se avessi saputo che era così giovane, non sarei nemmeno venuta!” esordisce la signora all’ingresso del mio studio.

Eppure mi aveva contattato tramite il mio sito web, dove ci sono tutte le informazioni sulla mia persona con tanto di foto e curriculum vitae. Per non parlare del fatto che, per fissare l’appuntamento, ci eravamo sentiti per telefono.

Rispondo con una battuta e la faccio accomodare. Ma la musica non cambia: continua la sua campagna denigratoria nei miei confronti facendomi domande sulla mia preparazione e il mio lavoro e ridendo in faccia ad ogni mio tentativo di risposta.
Le faccio notare che non ci troviamo in un contesto giudicante e che lo scopo dell’incontro è quello di esplorare i motivi che l’hanno spinta a venire da me.
“Io non ho nessun problema, non sono mica matta, che crede! Sono venuta solo per curiosità, anche se dubito che lei possa aiutarmi… Quanto può saperne un ragazzo come lei dei veri problemi della vita?”
“Allora potrebbe provare a parlarmene per vedere insieme cosa riusciamo a fare” le propongo.
Ma lei continua a dire di non avere problemi , aggiungendo che forse non era stata una buona idea quella di venire da me.

Non voglio confermare questa sua rappresentazione, ma non intendo nemmeno continuare un braccio di ferro per un’ora; tanto più ho la sensazione che si possa alzare dalla sedia da un momento all’altro per raggiungere l’uscita.

Così decido di sfruttare l’unico spiraglio di confronto concessomi e, seppur consapevole degli scarsi elementi a supporto della mia ipotesi, le porgo una domanda diretta:
“Ha mai subito violenza da parte di qualcuno?”
La signora cambia di colpo espressione. Resta in silenzio fissandomi con lo sguardo incredulo. Poi inizia a piangere e non si ferma più.

La sua storia era caratterizzata da episodi violenti familiari agiti da figure maschili e da un matrimonio, ancora in corso, connotato da costanti umiliazioni subite da parte del marito, anche in presenza di figli, parenti e amici.
Nell’attaccare costantemente la mia figura, giudicandola “troppo giovane” e “non adatta”, la donna non faceva altro che comunicarmi indirettamente il suo disagio. Attraverso tale modalità relazionale veniva messo in atto il tentativo di svincolarsi dal ruolo di “incapace”, a cui era stata relegata con forza negli anni, proiettandolo su di me.

La non collusione con questa fantasia relazionale prevalente e l’offerta di uno spazio di ascolto e di confronto non giudicante, hanno permesso l’avvio di un processo condiviso di riconoscimento e superamento della dinamica di potere, che investiva le relazioni con le persone più significative del passato e del presente.

Il conseguente e crescente ampliamento di orizzonti, ha permesso l’individuazione e la sperimentazione di nuovi schemi relazionali a partire dalla riformulazione dei copioni familiari.

Col passare del tempo la donna ha scoperto risorse che non credeva nemmeno di avere, perché troppo a lungo inibite e atrofizzate entro schemi rigidi e giudicanti, che stroncavano sul nascere ogni tentativo di espressione di sé.

Non è importante in questa sede elencare le ricadute operative che i progressi ottenuti hanno avuto sulla qualità della sua vita. Basterà sottolineare l’importanza del recupero di una delle funzioni più importanti per l’essere umano: la possibilità di scegliere.

Così come è opportuno considerare che anche la più provocatoria delle richieste può veicolare una domanda di aiuto, che tuttavia non è sempre facile riconoscere ed accettare consapevolmente.

Dottor Riccardo Cicchetti